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Balli, Cantastorie e Canti Popolari

San Cataldo > Folclore e tradizioni

Uno dei pochi passatempi a cui si dedicavano i ragazzi del primo dopoguerra a San Cataldo, oltre a
passeggiare lungo il Corso Vittorio Emanuele o nel parco-giardino accanto al monumento ai caduti, dove "la Zi Grazia Picarello" suonava dei dischi e quindi la gente ascoltava musica e gustava anche un gelato, oppure un cannolo o una pasta, era il ballo e le "serate da ballo, anche assieme alle proprie famiglie, perché queste avvenivano in occasione di fidanzamenti, ove si ballava nella famiglia della fidanzata quasi tutti i sabati e le domeniche, e un mese prima del matrimonio, anche tutte le sere, o anche durante le novene nel periodo di Natale, o di battesimi, cresime, nascite o altre occasioni, per cui oltre a vedere ballare gli adulti, anche i giovani sancataldesi avevano la possibilità di provare a ballare per fare colpo e conoscere qualche ragazza. Non era improbabile vedere ballare, anche per mancanza di disponibilità di ragazze, maschi con maschi, adesso la cosa farà sorridere, ma in molti casi era proprio così.
Si ballava inoltre di fronte alla Chiesa dell'Ecce Homo, dove c'è attualmente il negozio di ferramenta del Sig. Giunta. Il locale era gestito dal Sig. Giuseppe Rizzuto e una sera in quel locale venne anche eletta Miss San Cataldo.

In quel periodo, era di moda ballare il tango, la mazurca, il valzer, ma a fine serata, con gran divertimento di tutti, si usava ballare la contraddanza. Quella che si ballava a San Cataldo era una contraddanza tipica del luogo, che veniva animata da giovani che improvvisavano, anche se davano origine quasi sempre alle stesse figure.
Si ricorda che due bravi animatori "cumannanti di contraddanza" erano i fratelli Salvatore e Giovanni Emma, entrambi imprenditori edili. Nel ballare la contraddanza, bisogna ricordare che tutti i movimenti venivano fatti a tempo di musica, che bisognava evitare i tempi morti e quindi privi di movimento.
Al fine di evitare confusione e malintesi era meglio che i partecipanti stabilivano prima d'iniziare a ballare le figure da formare. S'iniziava con l'invito a formare le coppie e quando erano pronte per il ballo, l'animatore, ad alta voce dava i comandi per iniziare il ballo e formare le relative figure.
Secondo i ricordi popolari, la contraddanza veniva eseguita così come di seguito descritta.
1) "Mentri lu sceccu li favi si rusica, pregu maistru, facimu musica".
Il giovane addetto al funzionamento del grammofono (primo dopoguerra) o del giradischi provvedeva per la musica.
2) "E' troppu bella la contraddanza, ballarmi tutti panza cù panza".
Le coppie ballavano in maniera normale.
3) "Pi fari contenti la Zi Pippina, facimu tutti 'na bella catina".
Cavalieri e dame si prendevano alternativamente per mano in maniera da formare un cerchio e girare in un senso. Al comando "contrè" girano all'inverso.
4) "Mentri giramu di l'antra banna, battimu li manu e alzamu la gamma".
Cavalieri e dame ballando battevano le mani ed alzavano alternativamente le gambe. Naturalmente quando l'uomo alzava la gamba destra la donna che gli sta accanto doveva alzare la sinistra.
5) "A stu puntu ci simu iunti, taliamunni frunti ccu franti".
Le dame si disponevano una accanto all'altra, alla sinistra della sala e i cavalieri a destra, in maniera che ogni cavaliere aveva la propria dama di fronte.
6) "Lu dissi sta matina lu parrinu, a la dama facimu un bell'inchinu".  
Il cavaliere si avvicinava alla dama, la salutava con l'inchino e poi ritornava nella posizione di prima. Bisogna considerare che anche le donne si muovevano a tempo di musica anche se rimanevano nello stesso punto.
7) "E si la dama nun jè contenti, facimunni n'antru chiù riverenti".
I cavalieri si avvicinavano di nuovo alle dame, facendo un inchino ancora più vistoso.
8) E mentri stamu signannu lu passu, purtamu ora la dama a spassu".
I cavalieri subito dopo avere fatto l'inchino davano il braccio alle dame. Le coppie si disponevano una dietro l'altra venendo a formare nella sala un cerchio di coppie, distanziate in base al numero delle coppie e ballando una dietro l'altra come se passeggiassero.
9) "Si chista jè pocu amurusa pigliamunni 'n'antra chiù sciaurusa".
Ogni cavaliere lasciava la dama e prendeva il braccio della dama che gli stava davanti.
10) "Si chista vi dici pirchì, tutta 'na vota cangiamunni tri".
II cavaliere lasciava la dama e prendeva il braccio della terza dama che aveva davanti.
11) "Si chista jè pocu fina pigliamu la nustra ca avivamu prima".
Il cavaliere si ricongiungeva con la dama con la quale ha iniziato a ballare.
12) "Troppu briusa sta contraddanza, facimu ora 'na bella vilanza".
Il cavaliere si metteva dietro la donna, le prendeva le mani e insieme alzavano le braccia bilanciando un po' a destra e un po' a sinistra, seguendo la musica. Contrè; le coppie si scambiano i ruoli, cioè i cavalieri davanti e le dame dietro. Poi si fa di nuovo il contrè.
13) "Pi stari allegri 'mmizzu la genti facimu ora un lungu serpenti".
Le donne appoggiavano le mani sulle spalle degli uomini e davano origine ad un treno formato dal cavaliere davanti e la dama dietro che, si snodava girando nella sala e anche in altre stanze. Poi si faceva il contrario.
14) "A 'stu puntu ci simu junti, mintimunni a centru e facimu lu ponti".
Le coppie si disponevano al centro della sala, dame da una parte e cavalieri di fronte. Si prendevano per mano e alzavano le braccia in maniera da formare un ponte "sottopassaggio".
15) "Mentri simu a lu pedi di la grutta, tinimu la dama stritta e passamu di sutta".
La coppia che si trovava ad un' estremità si abbassava e ballando, passava sotto il ponte fino ad arrivare all'altra estremità e subito alzava le braccia come le altre coppie. Le altre coppie, una alla volta, facevano la stessa cosa.
16) "Sta contraddanza jè troppu bella, li dami a centru fanu 'na stella".
Le dame lasciavano il braccio del cavaliere, andavano al centro della sala, si disponevano a cerchio e alzavano le braccia verso il centro in maniera da formare una stella. Gli uomini, nello stesso tempo, facevano un cerchio ancora più grande attorno alla stella. Se le donne giravano a destra i cavalieri dovevano girare a sinistra.
17) "Mentri li dami tinu lu passu, li cavaleri ballati chiù arrassu".
I cavalieri ballavano un po' distanziati dalle dame per potersi muovere meglio. Poi si faceva il contrario tenendo conto che se le dame per fare la stella avevano alzato il braccio sinistro, adesso dovevano alzare il braccio destro e girare all'inverso.
18) "Chista jera stella fimminina ora facimunni una mascolina".
I ruoli s'invertivano, ora erano gli uomini che facevano la stella e le dame ballavano a cerchio.
19) "E ccà finisci la contraddanza, ballarmi tutti panza cù panza".
Le coppie si riunivano e ballavano in maniera normale ma un po' prima che terminava il disco si dava l'ultimo comando.
20) "Mentri lu gaddru si cunta li pinni, bonanotti a tutti e jamuninni."
Sicuramente si faceva anche qualche altra figura, ma in linea di massima, le
più comuni erano le figure sopra descritte.

Passi estrapolati dal libro di Ernesto Riggi "Tempi difficili"


IL CANTASTORIE

Il Cantastorie era una tradizionale figura di intrattenitore ambulante, che si spostava di paese in paese e di piazza in piazza, prevalentemente la Domenica mattina, (sovente mio nonno Lorenzo portava a casa il 45 giri) raccontando una favola, una storia, un fatto, con l'aiuto del canto e  di un cartellone in cui erano raffigurate le scene salienti del racconto.

Sembrerà strano, ma uno dei più famosi e primi cantastorie siciliano è stato un sancataldese, Paolo Garofalo
, nato a San Cataldo l'undici settembre 1914 e morto pochi anni fa ad oltre 100 anni. Ha vissuto a Paternò negli ultimi 40 anni, d'esiguo bagaglio culturale, ha frequentato la scuola fino alla terza elementare e per un certo periodo ha esercitato l'attività di sarto. Iniziò verso il 1942 ad esibirsi nelle piazze come canzonettista e cantastorie. La prima storia che scrisse e che rappresentò Paolo Garofalo fu "U surdatu e la fantasma" scritta da Pietro Parisi in collaborazione con Gaetano Grasso con il quale aveva iniziato a girare le piazze, ma mettendosi non molto tempo dopo in proprio. Abbiamo delle notizie vaghe che ci informano che Garofalo rappresentava questa sua storia senza il cartellone.
Garofalo ha avuto vari premi per la sua attività di cantastorie: una coppa a Bobbio nel 1964, una medaglia d'argento ad Agrigento e un diploma con medaglia d'oro a Siracusa.

I cantastorie in questo loro peregrinare vivevano delle offerte degli spettatori e dai proventi della vendita di foglietti recanti la storia raccontata e dopo gli anni cinquanta, dei dischi. A San Cataldo era solito vederli di fronte la chiesa del Convento e cantando raccontavano le loro storie, antiche o attuali, vere o immaginarie, trovate in giro nei loro viaggi o composte per l'occorrenza.
Spesso i cantastorie adattavano le loro versioni ad alcuni racconti antichi, o li rinnovavano a seconda del particolare avvenimento; sovente una scelta veniva imposta per il dialetto da utilizzare in base al luogo della narrazione e a causa del diffuso analfabetismo.
Incursioni di pirati, miracoli di santi e vite esemplari di devoti, eventi catastrofici, clamorose impiccagioni, leggende sacre e racconti profani. meravigliose vittorie e lacrimevole sconfitte personaggi e momenti epici (Garibaldi ed il Risorgimento sono stati oggetto di interesse di tanti cantastorie e poeti popolari); ogni occasione era buona per i cantastorie per comporre, adattare vecchi canti o tradurre vecchie storie. una delle più conosciute è quella della Barunissa di Carini, si pensa ci siano più di 500 versioni e quella del Bandito Giuliano, che io stesso ho trovato in originale raccontata da Orazio Strano, famoso come il grande Ciccio Busacca, che come narra il suo sito ufficiale, la prima volta che si è esibito in pubblico, è stato a san Cataldo, nel 1951.
I cantastorie rappresentarono l'unico tramite culturale tra il popolo analfabeta e il mondo epico e poetico in cui rivivevano le spagnolesche gesta, le bravate dei paladini del repertorio cavalleresco di Francia e le generose, anche se cruenti imprese dei vari briganti, così cari alla fantasia popolare.
Nell XVII secolo i cantastorie riuscirono ad vere un pubblico vastissimo e avidissimo; erano infatti numerosi, i sentimenti che muovevano gli spettatori ad assistere per ore ed ore alle recite.


Rovistando in giro ho trovato questo canto contadino sancataldese, chiamato "a pisera"
CLICCA PER ASCOLTARLO


Altri canti contadini sono stati musicati dal sig. Andrea Monaco e i suoi amici, potrai vedere direttamente il video da YOUTUBE.


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