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Vassallaggi

San Cataldo > Zona Archeologica

Nel territorio del Comune, a circa tre Km. dal centro abitato, sulla strada per Serradifalco, per un viottolo lungo circa m. 400, che ad essa si innesta, si giunge sull'ameno costone della località Vassallaggi, dove esiste un centro archeologico abbandonato, nonostante ritenuto di grande importanza.
Molti studiosi, e, fra essi, padre Placido Palmeri, il cav. Giuseppe D'Amico, il prof. Adolfo Horn, il prof. Paolo Orsi (che visitò la zona nel 1904 e la segnalò nel 1905), il prof. Salvatore Falzone. l'avv. Michele Caia, e i due storici, l'avv. Giuseppe Amico-Medico e il prof. Cataldo Urso e molti altri, interessandosi degli scavi di Vassallaggi, sono venuti alla conclusione che, ivi, nei tempi che furono, esisteva una città di una certa importanza storica e tutti si sono appassionati nella ricerca del suo nome, che tuttavia ancora non si conosce.
Originariamente tali antichità sono venute alla luce direi quasi spontaneamente in occasione di scavi,  i quali hanno portato alla luce dei preziosi reperti.
I   primi scavi risalgono ai secoli XVIII e XIX. Il concittadino, sig. Onofrio Salamone, ordinò degli scavi da dove trasse dalle tombe ben 85 vasi di varie forme, specie e fattura, i quali furono distrutti nei disordini politici del 1820.
II 23 Ottobre 1898 il sindaco di allora, convinto dell'importanza delle antichità della zona, scriveva alla direzione archeologica per ottenere un sussidio e una ispezione governativa perché venissero iniziati altri scavi.
Nel 1956 la campagna di scavi venne iniziata dal prof. Dinu Adamasteanu e proseguiti dopo qualche anno dal prof. Piero Orlandini, il quale, nella sua relazione pubblicata in calce alla ristampa della storia di S. Cataldo dell'avv. Giuseppe Amico Medico, afferma che "i brillanti risultati conseguiti hanno indotto l'Assessorato al Turismo della Regione Siciliana e la Sopraintendenza alle antichità di Agrigento a intraprendere una nuova sistematica campagna di scavi"; e aggiunge: "Geograficamente e storicamente rientra nell'area di espansione dei coloni greci di Agrigento. I più antichi abitatori furono i Sicani della prima età del bronzo. Nella tarda del bronzo le colline di Vassallaggi furono abbandonate e nuovamente abitate nell'età del ferro. Gli scavi dimostrano che nella seconda metà del V° secolo avanti Cristo questo centro ebbe un grande sviluppo edilizio, si trasformò in una Polis vera e propria.
A questo periodo appartiene poi in massima parte la ricca necropoli meridionale, che testimonia dell'importanza della città e della ormai completa fusione tra greci e siculi. La città continuò a svilupparsi nel quarto secolo avanti Cristo soprattutto nell'età di Timoleonte nel periodo che seguì alla vittoria sui Cartaginesi (battaglia di Crimiso 340 a.C).
Verso il 320 avanti Cristo venne abbandonata; solo nel quinto secolo dopo Cristo una piccola comunità cristiana abitò nuovamente le colline di Vassallaggi".
Ci auspichiamo che, in ogni caso, i numerosi reperti che sono venuti alla luce dagli scavi, e già emigrati in altri Comuni e che sono patrimonio e prova indiscutibile delle passate civiltà, tornino nella nostra città, dove, potrebbero trovare accoglienza,  al più presto, presso un nostro museo archeologico comunale.

La descrizione del sito archeologico secondo il Dipartimento dei Beni Culturali

Il sito archeologico di Vassallaggi, prossimo all'odierno abitato di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, si articola su un sistema di cinque collinette poste tra il medio corso del fiume Salso ed il corso superiore del Platani.

Anche in questo caso, per la sua favorevole posizione, il sito fu precocemente frequentato a partire dall'Antica età del Bronzo (2200-1450 a.C.), alla quale si riferiscono la necropoli di grotticelle artificiali aperte sui fianchi della seconda collina e il villaggio posto sulla sommità della stessa collina, indiziato da moltissimi frammenti ceramici decorati nello stile di Castelluccio.

Fra i secoli VIII e VII a. C., un insediamento indigeno si impiantò sulla terza collina, documentato da molti ritrovamenti ceramici nello stile di S. Angelo Muxaro - Polizzello. Ad esso si ricollega una necropoli di tombe a camera scavate sulle pendici meridionali dello stesso colle.

Nel corso del VI secolo a.C. il centro, certo in ragione della sua strategica ubicazione rispetto alle vie di collegamento tra le coste meridionali e settentrionali dell'isola, fu attratto nell'orbita politica- militare di Agrigento (sub colonia di Gela fondata nel 580 a.C.) che, sotto il tiranno Falaride, intraprese una strategia di espansione verso Nord, in direzione della costa tirrenica della Sicilia. Ebbe dunque inizio l'ellenizzazione di Vassallaggi che venne in tale circostanza trasformato in un phrouriom, o avamposto militare fortificato, tra l'altro dotato di un muro di cinta del tipo ad àggere (cioè con terrapieno).

E' pertinente a questa stessa fase la necropoli di tombe a camera scavate sulle pendici della quinta collina, con ricchi corredi caratterizzati da ceramiche sia indigene che d'importazione e da notevole abbondanza di manufatti metallici, come monili in bronzo, coltelli, placchette, strumenti agricoli in ferro.

Tra il VI e il V secolo a.C. venne inoltre costruito, in posizione centrale fra la seconda e la terza collina, il santuario urbano dedicato alle divinità ctonie Demetra e Kore, un culto questo tipicamente greco e peraltro diffusissimo ad Agrigento. Analogamente ad altri coevi complessi sacri della Sicilia, il santuario presenta, all'interno di un muro di recinzione in pietrame (temenos), una semplice cella rettangolare (oikos), priva di colonne. Un altare in posizione obliqua (NE-SO) destinato alla celebrazione di sacrifici, fronteggia esternamente il lato breve Est del tempietto, che era inoltre servito da una serie di ambienti minori, di destinazione comunque sacra, disposti all'intorno. I rinvenimenti effettuati all'interno del santuario comprendevano busti in terracotta delle due divinità femminili, piatti decorati a rilievo, figurette zoomorfe, armi, monete, decorazioni architettoniche a maschera silenica o con motivi a palmetta.

L'indagine archeologica documenta a Vassallaggi, intorno alla metà del V secolo a. C., una violenta distruzione seguita da una rapida ricostruzione. Tale circostanza, in unione alla localizzazione del sito, è stata considerata una riprova dell'identificazione di Vassallaggi con l'antica città di Motyon, ricordata dagli storici antichi (Diodoro IX) come un caposaldo militare agrigentino espugnato nel 451 a.C. dal condottiero Ducezio, postosi alla testa della confederazione dei Siculi in rivolta contro i Greci di Sicilia.

Proprio l'immediata riconquista della postazione da parte di Agrigento, nel 450 a.C., sarebbe stata determinante per la repressione della rivolta stessa e la definitiva sconfitta di Ducezio.

Nella seconda metà del V secolo a. C l'insediamento, ricostruito in seguito agli eventi sopra citati, raggiunse la sua massima espansione, interessando tutte e cinque le alture del sistema collinare ed articolandosi in isolati quadrangolari e in complessi domestici a più ambienti, disposti intorno a una corte centrale, come mostrano in particolare i resti rinvenuti sulla seconda collina.

Si riferisce a questo momento della vita di Vassallaggi la necropoli meridionale posta ai piedi della seconda collina, e caratterizzata soprattutto da inumazioni in sarcofagi di gesso alabastrino o in tombe "alla cappuccina", da incinerazioni, da sepolture infantili a enchytrismos (cioè deposizioni di bambini entro contenitori ceramici). Notevole ricchezza e raffinatezza denotano i relativi corredi funerari, con un'elevatissima percentuale di importazioni attiche a vernice nera e a figure rosse spesso riconducibili alle migliori scuole ed officine atenesi della seconda metà del V secolo a.C. Vi è in particolare ben rappresentata la produzione figurativa dei manieristi polignotei, con il Pittore di Kleophon e il Pittore Shuvalov.

Successivamente alle devastazioni cartaginesi degli anni 409-405 a.C., il sito conobbe una probabile ripresa intorno alla metà del IV secolo, periodo nel quale molta parte dell'isola attraversa una fase di prosperità legata all'opera pacificatrice svolta dal condottiero corinzio Timoleonte.

Al IV secolo si assegna l'uso dell'imponente cinta fortificata con basamenti in blocchi calcarei ed elevato in mattoni crudi, il cui impianto potrebbe tuttavia risalire all'epoca di poco anteriore. Parzialmente riportato alla luce tra il 1983 e il 1986, il muro è tecnicamente confrontabile con analoghi esempi a Gela, Camarina, Eraclea Minoa, Reggio di Calabria.

Lo studioso Franco Lauricella ipotizza altresì l'esistenza del "bouleutérion", dando ancor più importanza al sito archeologico


Ad appena 60 metri dalla cella del tempio di Demetra e Kore, nel sito archeologico sancataldese di Vassallaggi, si troverebbero il bouleutérion (luogo destinato alle adunanze della boulé ovvero del senato) e l'ekklesiastérion (impianto con funzione di riunione dell'assemblea popolare, detta alìa o ekklesìa), quest'ultimo solitamente utilizzato nella città greche anche come luogo per la rappresentazione di opere teatrali.
Lo asserisce il dr. Francesco Lauricella, magistrato operante nel Tribunale di Caltanissetta, che in passato ha pubblicato, a cura del Comune di San Cataldo, lo studio denominato "Vassallaggi. Storia e archeologia di una città greca della Sicilia interna" oltre che altre opere relative ai siti greci di Monte Balate (Marianopoli) ed al sito indigeno di Grotta dell'acqua (Serradifalco) in appendice allo studio su Vassallaggi.
"Alla luce di un'osservazione di fotografie aeree e di prospezioni in situ - osserva lo studioso nisseno - il bouleutérion e l'ekklesiastérion sarebbero tra loro attigui e si troverebbero a poco meno di 60 metri dalla cella del tempio di Demetra, nell'area posta a sud-sud/est del santuario, sulla cresta rocciosa panoramica che separa il santuario dal resto della città. In particolare a destra si troverebbe il teatro-ekklesiastérion e a sinistra il bouleutérion".
"Il teatro-ekklesiastérion - aggiunge - ebbe due fasi di sviluppo: un primo teatro ebbe esposizione est/sud-est verso la valle del Salso; l'altro ebbe esposizione sud/sud-ovest con direzione Agrigento. Il primo teatro presenterebbe un anello superiore rustico dal quale, percorso un piccolo corridoio scavato nella roccia, a destra, si accedeva all'anello concentrico sottostante. L'anello inferiore è separato dal primo da un dislivello di circa 2 metri. Tenendo conto dei due anelli concentrici le dimensioni sono analoghe a quelle del teatro greco di Morgantina (diametro di circa 28 metri, distanza, tra centro dell'orchestra e parte terminale centrale della cavea, detta koilon, di 17 metri circa), con una capienza di 3.000 spettatori circa. Molto probabilmente si trattava di un teatro realizzato con tribune in legno (ikrìa) come suggerito dal foro di innesto di un pilastro ligneo posto sul margine destro della cava superiore (foro del diametro di 38 cm circa) e dalla circostanza che i due anelli concentrici sono separati da un dislivello di circa 2 metri. Proprio tale ultima circostanza suggerisce che probabilmente il dislivello venne superato mediante il ricorso ad una tribuna lignea che, poggiandosi su pilastri portanti, infissi nella roccia, proseguiva anche nel livello inferiore. La tecnica delle tribune lignee era tipica dei primi teatri greci. Infatti, nel periodo dei primi impianti teatrali (in Sicilia nel V secolo a. C., dopo la rappresentazione delle Etnee di Eschilo) era in uso realizzare in pietra solo i gradini più bassi ovvero quelli più vicini all'orchestra, solitamente destinati ai personaggi più in vista della città".
"Il secondo teatro, che dovrebbe essere interamente pietra - continua il dr. Lauricella - venne ricavato sfruttando la cavea inferiore del primo teatro. Tale secondo teatro, venne verosimilmente costruito dopo la vittoria dell'asse akragantino-siracusano contro Ducezio, condottiero siculo che si era insediato in Vassallaggi-Motyon nel 451 a. C. Nel 450, recuperata a città, gli akragantini la potenziarono e l'abbellirono. In tale disegno si inquadra la edificazione di un nuovo grande teatro interamente in pietra, la cui parte sinistra coincise con la cavea inferiore del primo teatro. Il nuovo teatro venne orientato verso la madre patria Akragas. La cavea dovrebbe misurare circa 28 metri di diametro e la distanza tra l'orchestra e la parte centrale elevata della cavea dovrebbe pari a circa 17 metri. L'esistenza di tale nuovo teatro parrebbe provata dalle fotografie aeree satellitari da cui emerge l'esistenza di due gradini della lunghezza di circa 8 metri visibili, con nuovo orientamento sud-sud/ovest, nella cavea inferiore del primo teatro, Tali gradini sporgono dalla suddetta cavea e suggeriscono l'esistenza della nuova opera teatrale avente diverso orientamento. Il teatro in pietra, molto probabilmente, venne direttamente scavato sulla roccia, analogamente a quanto già fatto dai greci a Siracusa. La parte della scena era delimitata a destra da un torrione circolare del diametro di circa 1,80 metri del quale si apprezzano i segni. Anche tale teatro ha dimensioni sovrapponibili a quello di Morgantina per una capienza di 3.000-4.000 spettatori, per cui si tratterebbe di un'opera di dimensioni considerevoli. L'area si presta ad una esplorazione che potrà dare conferma alle ipotesi emerse dal mio studio. Si tratterebbe di una scoperta che assicurerebbe al patrimonio monumentale della Sicilia una nuova leva di sviluppo culturale e turistico".


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